Biografia - Aldo Tavella pittore

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Biografia
 ALDO TAVELLA - (1909 - 2004)

Artista veronese, docente e direttore della storica Accademia Cignaroli, Aldo Tavella si è dedicato, durante la sua lunga carriera, alla pittura ad olio e all’affresco.
Legato alla grande tradizione pittorica veneta, derivata da una sistematica frequentazione dell'Accademia di Belle Arti di Venezia, Tavella non ha mai abbandonato quella componente legata alla tradizione novecentista italiana. La sua è stata una ricerca intensa di soluzioni a problemi esistenziali, fatta con l’uso di quegli strumenti che più  gli appartenevano: l’arte e la pittura.

Presente in molte collezioni pubbliche e private nonché nelle più importanti manifestazioni d’arte italiane ed internazionali, la sua attività artistica é segnata da un susseguirsi di rinomati riconoscimenti: dalla partecipazione alla Biennale d'Arte di Venezia, nel 1950, quando viene insignito del Premio la “tavolozza" d’argento, alle varie iniziative che portano il nome di "Premio Nazionale F. Michetti”, alla “Quadriennale d'arte” di Roma e di Torino, dalla “Prima Biennale Internazionale d'Arte Marinara" di Genova; dalla “Mostra nazionale” di Messina, Roma, Monza, Gallarate; alle diverse “Biennali d’arte Triveneta” di Padova e a tutte le “Biennali Nazionali".

La ricchezza materica delle sue tele e delle sue tavole lo hanno legato inscindibilmente al colore, quale elemento determinante per la sua arte tanto che lo stesso Remo Brindisi ha evidenziato nella pittura di Aldo Tavella i valori luministici che dall'impasto pittorico, scaturisce in un’analisi segreta sugli oggetti, più che sui paesaggi e le figure (A-Tavella, Verona 1975, p. 2), un'importante considerazione fatta da un maestro indiscusso del valore della tradizione.
Tavella non esita ad utilizzare quali colori primari il grigio ed il nero ferrigno, come del resto sa sospingersi oltre gli azzurri ed i rossi sanguigni; cosi i suoi soggetti si dilatano oltre lo spazio del supporto con una grande capacità di convogliare la luce che muta a seconda delle diverse stagioni della sua vita artistica.  I temi sono i più variegati, a volte quasi magici, altre in perfetta sintonia con la realtà. Sempre, comunque, vi traspare una ricerca ed uno stile personalissimo.

Su questa caratteristica si é fissata l’attenzione di Licisco Magagnato, storico e critico d'arte, direttore del museo veronese di Castelvecchio, che cosi si é espresso “I dipinti di Tavella sono gremiti e densi, quasi li ispirasse un "orror vacui" di ascendenza popolare; mazzi di fiori compatti, come certe ghirlande di fiori secchi, tessiture strettamente intrecciate come i ricami dei cuscini della nonna, tinte spente e corpose segnate da velature e graffiti che sembrano esaltarne la matericità  (A-Tave//a, Verona 1975, p. 7).
Questo avviene, per esempio, quando affronta la figura umana che si lascia rappresentare fedelmente e, nello stesso tempo, è capace di subire deformazioni ed interpretazioni.
Sicuramente di Tavella si può confermare un temperamento forte e deciso, quasi aspro e pungente nella scelta dei suoi temi. “EgIi li corrobora con la pienezza sonora dei cupi impasti, ma un oro rosso si insinua tra i neri e i bruni a ricordare la natura veneta del pittore, a sottolineare la sua indole romantica, riaffiorante pur dalle severe fabbriche, dai nudi senza indulgenze di edonistici compiacimenti” (“Corriere lombardo", 1958).

Come Gian Luigi Verzellesi ha sottolineato su “L’Arena” (1971) “Alle clamorose soluzioni di continuità che ricorrono negli itinerari dei professionisti delI'avanguardia più svagata, Tavella ha seguitato a contrapporre un rifiuto fermo, non meno risoluto e pungente della sua ironia per i conservatori troppo accidiosi, capaci di continuare a ripetersi scambiando la coerenza dello stile, che implica continue varianti con una sorta di canonicato, fatto di abitudinarie esercitazioni sempre più macchinali".
Non manifesta nemmeno perplessità quando si cimenta con l’arte sacra. Il tema del “Cristo crocefisso” e ricorrente nelle sue tele, come del resto la rappresentazione delle figure dei santi di cui sa evidenziare soprattutto l'umanità.

Ugo Ronfani, del resto, aveva già evidenziato come  il Tavella del periodo più avanzato, portato a fissare sulla tela aspetti del costume o a trarre allegoriche rappresentazioni dalle storie o dalle cronache dell'epoca, in un certo senso dipinge proprio come il veneziano Goldoni scriveva le sue commedie: con divertito stupore, con smaliziata indulgenza. Trovo che come Goldoni (del cui teatro il nostro pittore è affezionato lettore), Tavella goda del quotidiano spettacolo della vita con una giocondità ilare, con una invidiabile capacità di meraviglia che é cresciuta, anziché scemare, con l’avanzare dell'età (Aldo Tavella. Tra estatica e magia, Verona 1996, p. 5).
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